Oggi "La Stampa" ha pubblicato nelle pagine di Novara un'interessantissima intervista alla procuratrice Alessandra Dolci, capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano (qui a lato il testo). L'intervista arriva nel giorno della strage di Capaci del 23 maggio 1992. Certamente non si tratta di una coincidenza ma, se così fosse, sarebbe davvero una coincidenza felice, per così dire. Infatti il primo messaggio che la Dottoressa Dolci invia attraverso l'intervista è che le istituzioni vigilano su quello che accade nel nostro territorio. L'auspicata sintrgia tra Roma e Milano nella lotta alle mafie è un punto fermo di quanto la Dottoressa Dolci propone, non da oggi.
Le rilfessioni della Dottotressa Dolci rieccheggiano le parole del Dottor Giuseppe Pignatone, il quale, in un recente articolo (Come riusciremo a fermare le mafie, "La Repubblica", 14 maggio 2021, p. 41) ha espresso i medesimi concetti, frutto, evidentemente, di analoghe esperienze: "dietro una cortina di silenzio e di omertà e sulla base di un illusorio calcolo di convenienza, operatori economoici, amministratori, funzionari pubblici coltivano rapporti e fanno affari con i mafiosi, facendo espandere quella 'zona grigia', che è la loro vera forza".
Alla fine del suo articolo Pignatone scrive: "In questi ultimi trent'anni la società civile è senza dubbio cresciuta in consapevolezza, specie in quelle zone del Sud dove ormai è chiaro che non esistono "mafie buone" e che non è possibile "convivere con la mafia". L'unica opzione è sconfiggerle, o saranno queste a piegare la società".
L'unica opzione è sconfiggerle.
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