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Impegno sociale per il contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie

venerdì 1 marzo 2024

Una serata di pioggia e di racconti. Attilio Bolzoni a Novara

 

Una serata di poggia e di racconti quella di ieri sera. Attilio Bolzoni - sollecitato dalle domande di Maria Grazia Alemanni e Paolo Intoccia - ha percorso gli eventi salienti della sua carriera di intellettuale e di fine storico della storia d'Italia prestato al giornalismo. "Un giornalista da solo non fa nulla" ha detto Bolzoni "Io sono stato fortunato perché ho potuto lavorare per quarant'anni godendo di condizioni particolari a Repubblica. Sono stato libero". Sollecitato sui rapporti dei cronisti siciliani con i giudici Falcone e Borsellino ha risposto: "Da Falcone e Borsellino, noi cronisti, abbiamo imparato il garantismo, a verificare mille volte una notizia, lo scrupolo che un magistrato e un giornalista devono avere prima di entrare nella vita delle persone".
Sulla situazione presente della criminalità organizzata Bolzoni ha detto: "Quando non hai il morto in terra, è difficile raccontare la mafia. Devi cercarla per poterla raccontare ma ci vuole conoscenza per poterla trovare. Per questo quando la mafia non uccide, significa che è forte e, nello stesso tempo, il movimento antimafia è debole perché manca il nemico contro il quale schierarsi". Su come si possa fare per sconfiggere la mafia Bolzoni è stato perentorio: "L'unico modo per cambiare è il sapere, la conoscenza. Non c'è altra via". A proposito del suo impegno come giornalista ha detto infine: "Un giornalista non sceglie ciò di cui occuparsi. Si occupa di ciò che gli succede intorno. Quando ero un giovane giornalista ventiduenne all' "Ora" di Palermo le persone morivano uccise ogni giorno. Perciò ho incominciato a occuparmi di mafia".




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