Condannato a 26 anni in primo grado Nicola Femia, il boss che minacciava di "sparare in bocca" a Giovanni Tizian e il giornalista pubblica un articolo sull'Espresso per fare il punto dopo una sentenza storica. Come scrive Tizian, infatti, è davvero un momento importante per la lotta alle mafie perché rafforza i giornalisti - soprattutto quelli giovani, soprattutto quelli precari, che, come scriveva Attilio Bolzoni la scorsa settimana sul "Venerdì di Repubblica", rischiano di più e
sono davvero in prima linea nella lotta alla mafia. Ma la sentenza mette definitivamente nero su bianco una verità che, sebbene ormai nota da tempo, ogni volta viene rimessa in discussione: si può e di deve parlare di mafie del nord (e non solo di mafie al nord!). Come scrive Tizian: "Il sospetto è che nei territori del Nord ci sia una forte richiesta di mafia, dei suoi metodi e strumenti. La chiamano voglia di clan. Imprenditori, professionisti, politici, servitori dello Stato, che nati e cresciuti nelle regioni ricche hanno scelto di stare dalla parte del crimine. Indizi e sentenze recenti, degli ultimi anni, hanno trasformato il dubbio in certezza". C'è però un passaggio nell'articolo che deve far riflettere. Come scrive Tizian "la mafia come tema di dibattito pubblico non abbia più l’appeal di un tempo". E questa è una svolta pericolosa ma che, purtroppo, si deve registrare anche a livello locale, soprattutto dopo quanto accaduto in questi anni a tante figure dell'antimafia. Gli errori di molti vengono ora pagati da tutta l'antimafia sociale che non ha saputo fare le domande necessarie al momento giusto. Lo ha spiegato a Novara, qualche settimana fa, Francesco Forgione.
Per quanto riguarda l'associazione La Torre-Mattarella, tuttavia, questo è un momento in cui gioire perché, finalmente, a un bravo giornalista viene riconosciuta un po' di giustizia Qui per leggere il resto dell'articolo
sono davvero in prima linea nella lotta alla mafia. Ma la sentenza mette definitivamente nero su bianco una verità che, sebbene ormai nota da tempo, ogni volta viene rimessa in discussione: si può e di deve parlare di mafie del nord (e non solo di mafie al nord!). Come scrive Tizian: "Il sospetto è che nei territori del Nord ci sia una forte richiesta di mafia, dei suoi metodi e strumenti. La chiamano voglia di clan. Imprenditori, professionisti, politici, servitori dello Stato, che nati e cresciuti nelle regioni ricche hanno scelto di stare dalla parte del crimine. Indizi e sentenze recenti, degli ultimi anni, hanno trasformato il dubbio in certezza". C'è però un passaggio nell'articolo che deve far riflettere. Come scrive Tizian "la mafia come tema di dibattito pubblico non abbia più l’appeal di un tempo". E questa è una svolta pericolosa ma che, purtroppo, si deve registrare anche a livello locale, soprattutto dopo quanto accaduto in questi anni a tante figure dell'antimafia. Gli errori di molti vengono ora pagati da tutta l'antimafia sociale che non ha saputo fare le domande necessarie al momento giusto. Lo ha spiegato a Novara, qualche settimana fa, Francesco Forgione.
Per quanto riguarda l'associazione La Torre-Mattarella, tuttavia, questo è un momento in cui gioire perché, finalmente, a un bravo giornalista viene riconosciuta un po' di giustizia Qui per leggere il resto dell'articolo
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